Nel giorno della presentazione di Jonathan Silva, anche il ds dell’AS Roma Monchi ha risposto alle domande dei giornalisti.
Si aspetta qualcosa in più dai leader della squadra? “Sono convinto che nessuno può essere contento di questo quinto posto. Non dobbiamo cercare responsabilità, ma trovare le soluzioni. Il primo responsabile sono io, che sono il responsabile della costruzione della rosa e della squadra, e che prende decisioni. Se qualcuno cerca il responsabile del momento che la squadra sta attraversando è qui, non cercatelo altrove. E’ vero che tutti possiamo migliorare, compresi allenatore e giocatori, evidentemente anche il direttore sportivo, ma sono convinto al 100% che tutti sono coscienti del fatto che bisogna migliorare qualcosa a livello individuale. Ma, insisto, la responsabilità massima è comunque del direttore sportivo che ha la libertà, l’autonomia, la responsabilità della proprietà per decidere, ogni momento”.
Quando lei è arrivato a Roma disse che i giocatori non hanno sul petto il cartello si vende, ma hanno il cartello si vince. Ha trovato difficoltà che non si aspettava qui a Roma? “Il direttore sportivo di una società a volte deve dire qualcosa per proteggere la società. Questa frase è stata detta per proteggere la società. Guardare indietro su quello che ho trovato qui non mi aiuta, devo guardare in avanti e lavorare per costruire una Roma più vicina a quello che i tifosi vogliono. E’ vero che oggi a livello sportivo siamo distanti ma è il momento di stare un po’ più zitti e lavorare di più. E’ il momento di mettere sopra il tavolo tutto quello che abbiamo dentro e di capire che i tifosi sono arrabbiati. Guardare indietro non importa adesso, dobbiamo guardare avanti, assumerci le nostre responsabilità, io per primo. Questa società oggi ha un livello strutturale per me molto importante. E a livello sportivo dobbiamo avvicinarci a questo livello strutturale. Contano solo presente e futuro. Bisogna stare zitti e lavorare di più”.
Ha detto che lei è venuto a Roma perché Roma le permetteva di essere Monchi. Quanto di Monchi abbiamo visto fino ad oggi? “E’ vero che ho detto che ho scelto la Roma perché pensavo che qui avrei potuto essere Monchi. E credo di aver utilizzato la frase più vicina alla realtà. Lei è un grande professionista e sa che Monchi vende e compra tanto e fino ad oggi lo sta facendo. La invito a leggere il libro su di me così da vedere che qui sto facendo Monchi. Come ho detto prima devo migliorare e mi prendo le responsabilità perché sono cose che ho fatto e sono convinto di dover fare meglio. Voi conoscete meglio di me questa città e questo club. Sono arrivato da 9 mesi e sono convinto di due cose: conosco meglio la società, ed è più facile lavorare per il futuro, e sono un professionista migliore rispetto a quando sono arrivato. Sono convinto al 100%. Non cerco alibi, mi assumo le mie responsabilità, ma il lavoro del direttore sportivo non è solo un lavoro del presente. Sarebbe più facile non guardare quello che è importante per la società e pensare solo a me stesso. Ma un direttore sportivo della Roma primo è la Roma, secondo è la Roma e forse dopo è direttore sportivo”.
Lei rifarebbe tutti gli acquisti che ha fatto? Pensa di aver fatto un buon lavoro? “In questo ruolo di direttore sportivo ho sempre la stessa idea: ogni giorno, ogni anno e ogni stagione si impara. Sei-sette anni fa ho imparato che quando uno fa un acquisto e questo acquisto, per qualsiasi motivo, non va bene si chiude. Sarebbe stato più facile dire “Hector continua” ma non è andato bene, dobbiamo riconoscerlo. Abbiamo trovato un’offerta ieri mattina, più o meno allo stesso prezzo con la quale lo abbiamo portato a Roma e abbiamo deciso di farlo. Dobbiamo pensare anche che un giocatore ha la sua opinione. Lui voleva giocare per andare nel migliore dei modi al Mondiale ed eravamo tutti d’accordo. E’ più onorevole riconoscere un errore senza continuare a sbagliare. Abbiamo trovato una soluzione buona anche economicamente per la società e lo abbiamo fatto. Per il resto, possiamo parlare di ogni calciatore ma sono tante le cose che influiscono nel rendimento. Vi posso portare esempi di giocatori che nei primi sei mesi non hanno fatto niente, per poi diventare giocatori importanti. I calciatori prima che dopo inizieranno a giustificare il loro acquisto. Per qualcuno sarà difficile, perché Karsdorp è infortunato, Patrik non è mai stato al 100% perché è stato infortunato, mentre per Under stiamo parlando di un giocatore che è arrivato dalla Turchia e che non parla l’italiano, anche se per quello che ha fatto vedere nell’ultima partita siamo più vicini a ciò che pensiamo di lui. Dobbiamo aspettare, perché dare un giudizio oggi un giudizio non credo sia giusto. Tutti dobbiamo migliorare, anche i calciatori, ma c’è un tempo di adattamento di cui tutti hanno bisogno”.